sabato, 17 Maggio 2025
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omelia 3^ Domenica di Pasqua – Anno C (domenica 4 maggio 2025)


Il vangelo di questa domenica ci riporta ad un altro miracolo che abbiamo già meditato nel mese di febbraio quando Gesù, durante la sua predicazione, chiede a Pietro di gettare le rete ed avviene così la pesca miracolosa. Pietro in quell’occasione dirà: ”Sulla Tua parola getterò le reti”.
Oggi questo miracolo che si ripete ha un altro significato perché Gesù ora si presenta come il risorto: “In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così…”
Gesù viene incontro alla nostra incredulità. Più volte mediteremo le varie manifestazioni di Gesù dopo la resurrezione. Solo alla Pentecoste, al dono dello Spirito Santo, gli apostoli inizieranno un cammino di fede più vero, cioè riconosceranno nella propria vita che Cristo è presenza vera.
Ci vorrà un cammino perché la fede non è un qualcosa che tu ricevi come se fosse uno scambio al mercato o solo perché assisti ad un miracolo.
Pensiamo ai fanciulli che in queste due domeniche hanno ricevuto per la prima volta, Gesù Eucarestia. Come ripetiamo sempre: ”La comunione non è un premio ma è un mezzo per raggiungere il premio”.
Io chiedo la Grazia dello Spirito Santo per credere, per riconoscere il Divino che è Presenza e non una mia proiezione. Una presenza reale. Gesù stesso per farsi riconoscere come realtà concreta, si mette a mangiare con loro: ”Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.”
Questo passaggio, questo verbo di azione “Lo diede loro”, ci aiuta a comprendere che la Sua presenza è viva e vera nell’Eucarestia.
A volte noi davvero pensiamo che la fede sia fatta di grandi manifestazioni. Riduciamo la liturgia a tutt’altro. Invece, basta stare lì, basta stare in silenzio di fronte a Lui e riconoscere in Lui la certezza di un amore che viene incontro alla fragilità del nostro credere.
Essere come Pietro che nel riconoscerlo poi lo insegue: ”Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito e si gettò in mare”. Proprio lui che lo aveva rinnegato tre volte, vive l’umiltà di avere il bisogno di essere amato da un amore più grande, un amore misericordioso, un amore che genera alla vita.