giovedì, 28 Marzo 2024
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omelia della XXV DOMENICA DEL Tempo Ordinario Anno b (19 settembre 2021)


Iniziamo questa settimana di preghiera, in preparazione alla festa dei santi Cosma e Damiano che festeggeremo domenica.
Vivremo una settimana riflettendo sulla pagina del vangelo di oggi che ci invita a guardare ai santi, come testimoni di servizio nella carità.
Gesù riporta un insegnamento che capovolge il “modus operandi” che spesso ci viene insegnato:”Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». L’umiltà del servizio, questo offrirsi per il bene dell’altro, non cercando un ritorno a se’, ma vivendo verso l’altro. Un uscire per l’altro.
“E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
È un’espressione molto dolce di Gesù. E’ bene però approfondire l’esempio che riporta Gesù.
Il bambino è considerato l’ultimo, cioè colui che ha bisogno degli altri per vivere. Dipende dal tuo aiuto. Gesù sottolinea che questa “accoglienza” che è il vero amore sia fatto nel Suo nome, cioè nella carità. Si può anche servire l’altro, ma se non è fatto nel suo nome, è più l’autoaffermazione di se stessi o l’acquietare la propria coscienza o i propri sensi di colpa.
Accogliere, come direbbe Papa Francesco, è “condivisione”.
Se avviene nella carità, noi entriamo in comunione con la stessa SS. Trinità.
Perché questa virtù dell’umiltà nel vivere il Cristianesimo, nel vivere, cioè, la nostra vocazione battesimale?
“L’umiltà è il senso dell’infinito e il senso dell’infinito è la forza che ci porta in alto”.(Padre Gratry)
Bisogna guardare in alto, bisogna desiderare di appartenere a Lui.
Questo desiderio di Dio, ci spinge a vivere la carità.
San Giacomo nella seconda lettura, ci offre una via che è un bivio continuo:” Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”.
Qual è la nostra vera passione che spinge a vivere la fede?
Se è pur difficile da comprendere, vi voglio riportare l’ultimo canto della divina commedia, quando Dante incontra Dio.
“A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ’l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle.

“Lì, in quell’istante di totale comunione, di immedesimazione totale con la Verità, con la Bellezza, la mia capacità poetica ha perso ogni potere, non serviva più.
Perché «l’amor che move il sole e l’altre stelle», cioè Dio, fonte e origine del movimento di tutto l’universo così come del movimento di un capello del nostro capo, aveva afferrato «il mio disio e ’l velle», il mio desiderio e la mia volontà, e li «volgeva», li faceva ruotare, li muoveva, in totale armonia col resto dell’universo, proprio come i nove cieli («rota» è il cielo) si muovono incessantemente per vivere l’assoluta e totale comunione con l’Essere e col Mistero: ecco, io per un istante ho avuto la grazia di partecipare di questo movimento, cioè della vita di Dio.”(Franco Nembrini)
Solo questo desiderio immenso di Dio porta l’uomo ad amare l’uomo, perché ha in sé quella passione infinita di appartenere ad un Altro.