In questa festa la nostra comunità e non solo, è più presente alla celebrazione eucaristica, anche quando la festa si svolge durante la settimana.
Da dove nasce questa grande devozione?
Come i tanti santi “taumaturghi” (i santi venerati soprattutto per i miracoli) il popolo si riunisce per chiedere l’intercessione di una grazia.
Come ripeto spesso, non c’è niente di sbagliato in questo, il Signore c’è lo dice: ”Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato…”
Il Signore risponde sempre alle nostre richieste, l’invito che ci viene rivolto è quello di aprire il cuore alla Sua risposta.
Il santo da Padova così insegnava: “La bocca del Signore è nell’orecchio del cuore, nel silenzio di chi è tranquillo: a lui rivela il segreto della sua volontà. Sia tranquillo il tuo cuore, e sarà riempito della conoscenza della volontà divina.”
Questa grazia, di chiedere il “cuore tranquillo”.
È necessario che ci sia un cuore tranquillo, non tanto una quiete esteriore, ma quella quiete di ascoltare il Signore che ci offre sempre la Sua compagnia nel cammino della nostra vita, a volte fatta di sofferenza, spesso di gioia che non sappiamo riconoscere, la ferialità che può sembrare banale o ripetitiva, eppure ogni istante è quel dono in cui tutto si capovolge.
Quel vivere “intensamente il reale” che ci insegnava don Giussani, mi ha fatto sempre riflettere.
Non è il fato tante o mille cose, ma è riconoscere questa Presenza di Cristo nella mia vita, che mi fa ricapitolare il tutto in Lui.
Nella quaresima, abbiamo meditato nei giorni feriali, la meditazione dei santi, sul dono del Cuore di Gesù.
Tutti ripetevano all’unisono: ”Immergiamoci nel cuore di Gesù”.
Questo entrare in Lui, come hanno fatto i santi, ci spinge al vivere la nostra devozione, anche popolare, in un cammino di fede che coinvolge anche l’altro.
“La fede vera è accompagnata dalla carità. Credere in Dio. per il cristiano, non significa tanto credere che Dio esiste e neppure credere che Egli è verace, significa credere amando, credere abbandonandosi in Dio, unendosi e uniformandosi a Lui” (Sant’Antonio)
Il vivere la vita per Cristo, questo vivere intensamente in Lui, spinge il passo del santo al camminare tra il popolo, che ha un bisogno della Parola innanzitutto, ha bisogno di un senso del perché della realtà.
Altrimenti la devozione sarà soltanto un ripetere di gesti, come il pane, o il vestire l’abitino ecc… e la ripetitività o ritualità, non è un entrare in comunione con Dio, è come bagnare una pietra, come il seme che cade trai sassi, un apparenza delle cose, non è come dicevamo all’inizio: ” Sia tranquillo il tuo cuore, e sarà riempito della conoscenza della volontà divina”
