mercoledì, 9 Ottobre 2024
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Cena con i piedi (liberi) – Luigi Maria Epicoco

Con il Giovedì Santo comincia quello che i cristiani chiamano il “triduo santo”, cioè tre giorni in cui a rallentatore si ripercorre tutto il nocciolo della fede in Cristo.
La giornata di oggi è tradizionalmente conosciuta come la liturgia dell’ultima cena, cioè del momento in cui Gesù istituisce l’eucarestia.
E’ paradossale, però, il fatto che oggi durante la messa “in coena domini” si legga la versione che ne dà l’evangelista Giovanni.
Non ci sono pani spezzati e calici passati di mano in mano, ma si racconta più che altro di piedi lavati e di silenzi imbarazzati.Gesù si inginocchia, dopo essersi cinto le vesti, e lava i piedi ai discepoli.
Perchè proprio i piedi?
Qualche ora dopo Pilato si laverà le mani, e ancora prima Giuda avrà sicuramente tentato di lavarsi la bocca da quel bacio dannato che aveva dato al maestro nell’orto degli ulivi. Gesù sceglie i piedi.
Forse lo fa perchè sotto la pianta dei piedi della gente è archiviata la strada che hanno fatto.
Dove è andata, in quale pozzanghera è caduta, che sentieri faticosi ha percorso o quanta erba fresca ha calpestato. I piedi sono il simbolo di tutto quello che percorriamo con la nostra vita.
Lavarli significa liberarsi di tutta quella terra, molto spesso fatta di dolore, che ci è rimasta attaccata addosso. Solo quando uno ha preso questa distanza significativa dalla propria storia, può sedersi a tavola con Gesù ed ascoltarlo; diversamente continuerà a tenere il pensiero a quella terra, a quel dolore, a quelle pietre conficcate nella carne, e non ci sarà tempo per accorgersi di nient’altro se non dei propri piedi. Non ci saranno tramonti o panorami, volti o amori, speranze o silenzi, colori o musiche. Tutta l’attenzione sarà sempre fissa su questo archivio segreto relegato in fondo al nostro corpo, in quella parte che tocca la terra con tutto il peso del resto del corpo, della testa innanzitutto ma anche del cuore…Gesù libera i discepoli da un’ attenzione sbagliata e li abilita a sentire, vedere, accorgersi, mangiare, gustare, piangere.
E’ interessante come il maestro ci tenga a dire “lavatevi i piedi gli uni gli altri”.
Cioè il cristianesimo è mettersi in ginocchio davanti ai piedi degli altri e non ai nostri.
La fede in Gesù la si consuma solo a vicenda e mai nella solitudine.
Lasciarsi lavare i piedi e lavare i piedi agli altri…
Volesse il cielo che ci riprendessimo questa vocazione primordiale a liberare gli altri dalla sporcizia della terra che hanno calpestato.
Dalla pece oscura del dolore che non si stacca più dalla carne. Dalle ferite profonde di chi è stato tradito o ha dovuto svoltare repentinamente per altre vie a causa di forze maggiori. Se non ci carichiamo della storia degli altri e non lasciamo che gli altri facciano altrettanto con noi, allora non siederemo mai a tavola.
Non sperimenteremo mai la vertigine dell’amicizia, dell’intimità, delle parole sussurrate, della nostalgia, degli sguardi, dell’intesa. Ma avvertiremo solo la paura, la frustrazione, la rabbia, il rancore, l’insicurezza per tutto quello che ci è capitato.
“Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!».
Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».
Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!».