sabato, 20 Aprile 2024
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EDITORIALE FONTANA DEL VILLAGGIO – SETTEMBRE 2020


Nel mese di maggio di quest’anno mi è capitato tra le mani un libro che avevo iniziato a leggere anni fa.
Colgo l’occasione per ricordare che regalare un buon libro è sempre una buona cosa da fare.
Il testo in questione è “L’anticristo” di Nice.
Visto che nel mese di settembre, giorno 14, festeggeremo l’Esaltazione della Santa Croce, se pur con molta difficoltà, voglio riportarvi alcuni passaggi del filosofo che mi hanno colpito.
Per chi lo ha studiato, si tratta di un filosofo molto difficile da capire.
Mi hanno provocato alcune pagine relative alla sua posizione di fronte a Gesù.
Anche se ateo, egli nutre una certa ammirazione verso Cristo e potrei sintetizzare questa sua opera con il detto che da anni spesso ripetiamo:”Cristo si, Chiesa no!”
Nella sua filosofia mi sono ritrovato a fare un confronto con ciò che viviamo noi come chiesa e spesso nelle sue pagine ritrovo quel porsi che oggi l’umanità ha di fronte alla figura di Cristo e, in particolare, al senso che diamo alla Croce di Gesù.
Secondo il filosofo e direi anche secondo il pensiero di tanti, oggi la crocifissione ha senso solo se viene esclusa la redenzione.
“Questo «messaggero della buona novella» morì come aveva vissuto, e come aveva insegnato, non per «redimere gli uomini», ma per mostrare come si deve vivere.”(35)
Come scrive sempre il filosofo, un Gesù etico, direi, cioè, un uomo pacifista:
” Non reagisce, non difende il proprio diritto, non fa un solo passo per respingere da sé il peggio, anzi, lo provoca… Prega, soffre, ama con quelli e in quelli che gli fanno del male.”(35)
Escludendo il senso della redenzione e, quindi, la resurrezione, si annulla Cristo. Il senso vero e proprio della morte viene catalogato come un caso e non più per quello che è “l’incontro con Dio”.
Si vuole escludere ogni giudizio. La morale che insegna la chiesa cattolica è considerata come una negazione alla nostra libertà, il non poter vivere seguendo i nostri istinti:
” Tutti i concetti della Chiesa sono riconosciuti per quello che sono: le più perfide falsificazioni che esistano, allo scopo di svalutare la natura e i valori naturali”.(38)
Due sono i punti che ci coinvolgono in questo argomento.
Il primo è quello che il filosofo nell’accusare il Cristianesimo, sostiene che esso debba essere più un’etica che un vissuto nella vita che ha lo sguardo verso la resurrezione. Egli usa un’espressione che è un danno alla chiesa, un’espressione che, come più volte mi è capitato di ribadire, tende a confondere la chiesa per una ONG oppure la Caritas con il volontariato.
Il filosofo al cap. 39 scrive:” È falso fino all’assurdo il vedere in una «fede», per esempio nella fede della redenzione per mezzo di Cristo, la caratteristica peculiare del cristiano: solo la pratica cristiana, una vita come quella che visse colui che morì sulla croce, questo è cristiana..”
La paura che spesso accompagna noi pastori, è quando la fede viene tradotta ad un’ efficienza delle cose, un male che oggi diventa sempre visibile ai nostri occhi.
Il secondo punto è il suo dialogo con san Paolo.
Vi riporto per un attimo una parentesi.
Nel 1988 uscì nelle sale cinematografiche un film che venne subito censurato “L’ultima tentazione di Cristo”.
La censura fu per una scena tra Gesù e la Maddalena, quando in realtà, per chi avesse visto quel film, c’è un passaggio più particolare, il dialogo tra Gesù e san Paolo, quando quest’ultimo rifiuta Gesù perché non ha scelto di morire e, quindi, annulla la resurrezione.
Nice odia l’Apostolo proprio perché secondo lui, ha fatto della resurrezione il centro di tutto l’annuncio di Gesù. L’ascoltiamo spesso nella liturgia della parola la 1^ Corinzi ”Se Cristo non è risorto dai morti, la nostra fede è vana”.
Senza la resurrezione, la fede non è tale, ma nient’altro che una buona filosofia.
Così scrive Nice di san Paolo: “Paolo spostò semplicemente il centro di gravita di tutta quell’esistenza dietro di essa, nella menzogna del Gesù «risorto». In fondo non poteva assolutamente servirsi della vita del Redentore, aveva bisogno della morte sulla croce e di qualcosa di più..”(42)
Il timore di annullare la resurrezione e la redenzione, il limitarsi al sacrificio della croce, come se fosse solo un segno di solidarietà verso i poveri che soffrono fame, ingiustizia, ecc… è ridurre Cristo ad un maestro di vita e non più a ciò che veramente è: La salvezza.
Infine c’è un passaggio che potrei definire come la sintesi della moralità di oggi, di ciò che avviene quando togli Cristo dalla croce e lo sostituisci con il corpo sentimentalistico della fede.
Nice scrive:” Vivere in modo tale da non avere «senso» per vivere: questo ora diventa il «significato» della vita..”(43)
Ci ritroviamo a porci di fronte a questa provocazione perché l’ideale del Cristianesimo sta, invece, nel dare senso alle cose, partendo dalla fede nella resurrezione. Non una fede nella resurrezione perché abbiamo il timore del giudizio, perché innamorato della sua passione che si è tradotta nella redenzione.
Vi riporto un pensiero di un altro filosofo Pascal: ” La fede in Cristo è autentica non in quanto nasce da un miracolo ma in quanto è generata dalla croce”.
Vorrei infine concludere con un’altra provocazione.

Un uomo come Nice che critica il Cristianesimo e la chiesa, ha prima studiato profondamente la Parola di Dio. Questo ci fa capire che la fede è un cammino di una continua ricerca, un mettersi sempre in gioco.