giovedì, 28 Marzo 2024
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Omelia della XXVIII Domenica del tempo ordinario anno b (10 ottobre 2021)


Diremmo che abbiamo ascoltato una pagina del Vangelo “davvero unica”:
La storia dell’incontro con il giovane ricco.
Papa San Giovanni Paolo II nel 1985 indirizzò ai giovani la prima lettera. Poi riprese Papa Benedetto XVI nella giornata della gioventù del 2010, partendo proprio da questa proposta di Gesù al giovane ricco.
La ricerca della vera felicità non è il piacere.
L’evangelista Marco sottolinea alcuni aspetti che ci aiutano a vivere questo momento e a cui chiama anche noi personalmente, soprattutto noi cristiani adulti.
Possiamo dire che il giovane ricco è un uomo che vive la fede:
Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».
Vive e mette in pratica i comandamenti del Signore.
C’è poi un aspetto molto bello che ci aiuta ancora di più a scoprire la dolcezza che Gesù ha verso l’uomo:
” Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò”.
Questo il centro del racconto.
Come spiegava l’esegeta Silvano Fausti:”Lasciarsi prendere o meno da questo amore è il problema stesso della vita eterna”.
Ciò che il giovane ricco chiede all’inizio è l’essenzialità della fede:
” Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”
Non è quanto spesso i genitori chiedono al catechismo o in altri incontri:”Che questa sia l’occasione di diventare più buoni ecc…” trascurando o dando per scontato, invece, l’essenzialità del cammino del Vangelo, cioè vivere la croce come nave che conduce all’orizzonte della salvezza. Non una solidarietà o, detto alla romana, “volemosi bene” tanto per stare bene insieme, ma guardare oltre a tutto ciò che è di questo mondo.
Gesù insegna al giovane il passo più importante della legge che conduce alla salvezza: Passare dal possesso alla carità, al donare e a donarsi.
“La carità è il solo tesoro che si aumenta col dividerlo”.(Cesare Cantù)
La sua ricchezza lo ha legato a questo mondo. E’ come il brano del Vangelo del seminatore, il seme caduto tra le spine cresce (Amare il padre, non rubare ecc…) ma poi quando deve fare il passo successivo è soffocato dalle tentazioni di questo mondo.
È triste ora ma sarà ancora più triste dopo, perché, come scriveva Henrik Isben, ”Il denaro è forse la scorza di ogni cosa, ma non ne è il cuore: Il medico vi procura il cibo, ma non l’appetito, non la salute, le conoscenze, ma non gli amici, i servitori, ma non la dedizione, i momenti di gioia, ma non la pace dell’anima e la felicità”.
I discepoli di Gesù hanno intuito la difficoltà del vivere pienamente il suo messaggio, quando Gesù riporta poi nel paragone:
” Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio»
C’è un altro tipo di ricchezza: L’ostacolo che ci divide da Gesù ed è l’attaccamento affettivo. Quando noi anteponiamo l’affettività di questo mondo a Gesù.
È ancora più difficile scoprire questa ricchezza come dono e non possesso.
Il bello di questo brano del Vangelo è che Pietro stesso, non voleva dare una risposta positiva:” Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Effettivamente noi stiamo vivendo quello che Tu ci chiedi.
Il Vangelo non è un racconto di parabole o di storie, non è un cosiddetto “Libro dei bambini”. Esso ci chiede la radicalità della fede, affidandoci a Dio che è Grazia in questo cammino di povertà vera e ricchezza in Cristo.
“Il Vangelo non è una tuta elastica che puoi adattare a tutte le misure: O ci entri o non ci entri “. (Mons. Riboldi)