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omelia domenica 11 ottobre 2020

XXVIII^ DOMENICA DEL Tempo Ordinario ANNO A 2020
Il mese di ottobre è l’occasione in cui la Chiesa ci invita a riflettere sul dono della missione, un dono e anche un compito, cioè, una vocazione.
Invitiamo i nostri amici a partecipare alla festa del banchetto che il Signore ci offre:” l regno dei cieli è simile a un re che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire”.
Purtroppo, molte volte, da parte degli invitati c’è questo rifiuto a partecipare all’invito che viene rivolto, diremmo “Un popolo che non ha più appetito di Dio”.
Quando manca questo bisogno e questo appetito, la missione diventa davvero difficile.
Nel fare catechesi si avverte una regola non scritta:”Se hai da dire qualcosa, troverai sempre le parole per esprimerti”.
Se hai un desiderio, troverai sempre dove trovarlo.
Ci si incontra da entrambe le parti se c’è questo desiderio di comunicare e se trovi nell’altro l’appetito di sapere.
Al rifiuto dell’invito da parte degli “invitati alle nozze”, Dio non si scoraggia e continua a provocare : ” Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”.
Cosa sta succedendo nella nostra realtà?
Cosa sta portando questa nuova forma di epidemia?
Cosa ha risvegliato o diremmo tolto fuori dal secchio della nostra esperienza?
Carron nel suo libro “Il brillio degli occhi”, come a sintetizzare il tutto di oggi, scriveva: ”Vi è come un torpore dell’io che frena il coinvolgimento con ciò che accade anche quando si è presi dal vortice frenetico delle attività”.
Cioè, anche se si fa tanto, non vuol dire che stiamo “facendo”.
Come dice il vangelo:” Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”.
Perché questo volgere lo sguardo dall’altra parte?
Non stiamo qui a dire di chi è la colpa o quale sia la soluzione migliore.
Sarebbe peggio perché sarebbe come avvalorare la tesi che la conversione avviene a tavolino.
C’è bisogno di un incontro con Dio.
C’è bisogno di questa ricerca del senso del perché vivere e verso dove andare. Senza questo senso, tutto appare ma non è!
Il filosofo Romano Guardini scriveva:”Senza elemento religioso, la vita diventa come un motore che non ha più olio. Si riscalda. Ad ogni momento qualcosa brucia e dappertutto si smuovono i pezzi dell’ingranaggio”.
Il senso della missione è suscitare questo desiderio, ma a te rimane la risposta ad aderire. C’è un invito a partecipare alle nozze. A te l’invito a trovarsi pronto:” Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”
Conversione è rivestirsi di Cristo. Non basta dire di essere cristiani. Bisogna vivere questa fede che abbiamo in Lui.
Non ci salva la sola volontà umana.
È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo.“ (sant’Ignazio di Antiochia)
Come abbiamo già meditato domenica scorsa, siamo i vignaioli a cui ci ha affidato la “vigna-chiesa” ed essere custodi senza riconoscere poi il Figlio, ci porta all’errore di pensare di esserne i padroni.
Solo riconoscendo il Figlio, noi viviamo del dono della vigna del Signore e offriremo anche ai nostri amici la Grazia di gustare del banchetto-regno di Dio che il Signore ci offre.