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omelia domenica 12 maggio

IV DOMENICA DI PASQUA ANNO C 2019
La liturgia della parola di questa domenica ci pone una provocazione non solo come comunità cristiana parrocchiale ma anche universale.
Seguendo i messaggi di Papa Francesco, siamo chiamati ad un confronto continuo con la realtà che cambia e soprattutto a scoprire che siamo una chiesa in uscita, come spesso riprende il Pontefice.
Necessita un incontro con gli altri per scoprire innanzitutto chi siamo noi e chi veramente seguiamo.
Riprendiamo il passo della prima lettura:”Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo”.
Io penso che siamo missionari. Invitiamo nuovi amici al nostro cammino! Cerchiamo di non far intervenire la gelosia,, come se avessimo paura che ci “prendessero il posto”!
Nessuno di noi ha un posto privilegiato nella Chiesa. Siamo servitori l’uno degli altri, come Gesù stesso ha insegnato nell’ultima cena:” Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve”.
Gesù si pone come servo. Il suo è un gesto di accoglienza verso ogni uomo. Anche noi dobbiamo iniziare questo cammino verso l’altro e non aspettare che l’altro venga sempre verso di noi e che sia come
noi. Non facciamo l’errore di pensare che solo se una persona ti ripete o fa come una fotocopia le cose che hai detto, sta facendo un cammino.
Non è mai un buon insegnante colui che pensa che l’alunno solo quando ripete a memoria la tua lezione, ha veramente assimilato l’insegnamento.
Gesù non esclude la nostra libertà, anzi la valorizza. Ci chiede un invito a compiere un cammino con Lui.
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.”

Offre la sua misericordia. E’ un amore vero. Come abbiamo celebrato nella passione della settimana santa, Egli si offre come Via per la salvezza.
“Dio si propose che fossimo martelli, non giunchi”(Cardinal Faulhaber)
Noi, come comunità, condividiamo questo amore con l’altro perché abbiamo ildesiderio non di aumentare come numero, ma perché ci spinge la gioia di essere figli del Padre.
Perché avere questo timore? Come già dicevo ai genitori della Prima Comunione, non è conservando la propria educazione o peggio solo la tradizione che noi pensiamo veramente di educare. Occorre vivere invece il rischio educativo di confrontarci, diversamente vivremo quello che spesso si sente dire:” Ormai il mondo è cambiato. Non è più come quello di una volta…”. Ma il mondo di oggi chi lo ha costruito così?
Non è degno di appartenere alla comunità chi distrugge la comunità
perché non ama la Chiesa ma solo se stesso.
Dio è Padre di una comunità vera, che vive, che si confronta, che ama la sua libertà, che segue la Via che è una persona, Cristo.
Più ci limiteremo alla formalità, più rimarremo vuoti del vero senso della fede.
Faremo come quel parroco che un giorno al ministrando che gli chiese perché aveva iniziato la processione eucaristica senza il Santissimo, rispose:”Mica posso pensare a tutte le cose io”.
Si rischia di smarrire l’essenziale che è e che rimane l’incontro con Cristo.