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omelia domenica 14 marzo 2021

4^ DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO B
Il vangelo di questa quarta domenica di quaresima, ci invita a riflettere sulla contrapposizione tra luce e tenebre, un tema molto caro all’evangelista Giovanni che nel porre questo rapporto e questa contraddizione, ci invita alla scelta.
Ancora oggi, le tenebre continuano a manifestarsi in forme diverse, ma sempre con la stessa costanza e sostanza.
Non far vedere la luce crea confusione, perché l’uomo nel buio non vede e, quindi, diremmo che segue “l’istinto primordiale”, segue ciò che rende soddisfacente la felicità del corpo:
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate”.
La luce di Cristo ci indica la vera salvezza della vita.
Dal vangelo abbiamo ascoltato :” Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Cosa cerchiamo nella nostra vita?
Il vangelo riporta un passaggio che si collega all’Esodo, a quel momento storico del popolo di Israele, al passaggio alla libertà vera. Non più la schiavitù ma la libertà a divenire “popolo di Dio” come abbiamo meditato domenica scorsa, con il dono della Torah-la legge, ai dieci comandamenti.
L’evangelista riporta il paragone del serpente nel deserto e la croce:
” Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
Porsi nello sguardo a Lui.
Questa è la fede: Un incontro con Lui.
Ricordate il passo della catechesi biblica su san Pietro e la passione?
L’ apostolo ha vissuto nella confusione su chi era veramente il Messia, arrivando anche al rinnegamento di Cristo.
La conversione di Pietro avviene in uno sguardo:
” E il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, andato fuori, pianse amaramente”.
Nel porci di fronte alla croce, nel vivere la Via Crucis come incontro di una passione con Lui, riconosciamo questo bisogno della salvezza che solo in Cristo può avvenire.
L’evangelista Giovanni lo riporta più volte:
” Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.
La domanda che nasce spontanea è:”Cosa significa credere?”
“Credere è riconoscere che siamo amati”(F. Mauriac)
L’amore della passione di Cristo nel donarsi sulla croce è la passione più unica e più vera che noi riconosciamo.
Non un amore limitato, non un contraccambio, ma l’invito ad essere Suoi.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene”. (Seconda lettura)
Questa Grazia passa solo nel sacrificio del Cristo, un sacrificio che noi viviamo nel dono dell’Eucarestia.
Ecco perché domenica inizieremo le quarant’ore, la proposta di adorazione eucaristica per tre giorni in preparazione alla settimana santa, la proposta per meditare il dono di essere amati.
“Nell’Eucaristia si comunica l’amore del Signore per noi: un amore così grande che ci nutre con Se stesso; un amore gratuito, sempre a disposizione di ogni persona affamata e bisognosa di rigenerare le proprie forze.”(Papa Francesco)