venerdì, 19 Aprile 2024
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Omelia domenica 20 marzo 2022 (terza domenica di quaresima Anno c)


Siamo giunti a metà della Quaresima.
Ieri abbiamo celebrato la festa di San Giuseppe ed ora ci prepariamo alla prossima domenica in cui non solo mediteremo la parabola del Padre Misericordioso, e festeggeremo anche la festa del Perdono con i fanciulli che si preparano alla Prima Comunione.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato è un invito a perseverare nella conversione:”Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Diremmo che non dobbiamo mai “mollare” perché Dio con noi non lo fa mai.
C’è sempre un invito a ricominciare.
Quando uno inizia un digiuno o un’astinenza e poi non riesce a mantenere l’impegno, ripete a se stesso:”Non ce la faccio, allora mollo”. Invece è proprio da lì che bisogna ricominciare, perché non è un record che devi mantenere. Spesso dico agli sposi che, anche se arrivano ai cinquanta anni di matrimonio, è bello riscoprire che ogni giorno si ricomincia ad amarsi.
Dio ci invita a seguirlo e rimando nello stesso Mistero la sua via.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato ciò che per gli Ebrei è il centro di tutta la Torah, il momento in cui Dio dice il suo nome:” Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!».
Significa che Dio è presenza e nello stesso tempo mistero.
Dio farà conoscere la sua via non solo a Mosè ma anche al popolo di Israele.
La conversione è questo ricapitolare ogni giorno la vita in Cristo.
È un continuo cammino e non un attimo. Si parte sempre da un incontro. Basta leggere la biografia dei santi. Tutti hanno avuto un inizio, un’ apertura all’incontro con Dio, come Mosè che, poi, segue un cammino, un continuo riconoscere la presenza di Dio nella propria vita.
Diceva Abba Severino: “Com’è facile confondere l’immaginazione con il cuore! Quanti uomini credono di essersi convertiti nel momento in cui pensano di convertirsi… (R. KERN)
Non facciamo l’errore e direi anche il peccato grave di pensare che basti una confessione all’anno oppure il sentirsi nel cuore il desiderio di fare la Comunione e partecipare all’Eucarestia, come se fosse una distribuzione commerciale.
Dio è una Comunione piena. Il fatto che Lui sveli il Suo nome è perché cerca una relazione con noi.
Nella conversione, noi offriamo il nostro nome, cioè, offriamo la nostra umanità che sia fragile o forte, l’offriamo nella piena libertà.
La conversione inizia con la Confessione, inizia con la grazia dello Spirito Santo.
Non ha importanza il fatto di “Fare gli stessi peccati o, peggio, sostenere di essere senza peccato”. Abbiamo bisogno di Lui. Senza saremmo come l’albero di fico che abbiamo ascoltato nel vangelo:” Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”.
Un albero che non offre frutti, è solo formalità, come lo può diventare la fede se non è una continua conversione del cuore a Dio e
non a se stessi. Non faccio il digiuno o l’ astinenza per dimostrare qualcosa a me stesso, ma per un cammino di fede.