lunedì, 13 Maggio 2024
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omelia domenica 4 luglio 2021 (14^ domenica del tempo ordinario)


Abbiamo appena ascoltato la frase del Vangelo
” Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
E’ una delle tante espressioni che spesso vengono riportate in vari discorsi.
Ma cosa significa veramente?
È un’amara constatazione.Significa che noi vogliamo un Dio diverso.
Lo vorremo come un “qualcosa” e noncome ciò che invece fa la differenza, cioè, come quel bene che si pone di fronte al male.
Lo vorremo come soluzione, come assistenza, ma non come veramente è. Nella seconda lettura abbiamo letto:”Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
Dio risponde al bisogno dell’uomo con la Grazia, non con un sostegno qualsiasi, non con una vicinanza momentanea. Quella “Grazia” che è dono dello Spirito Santo fa sì che ogni nostro passo vada in avanti e non si fermi di fronte alle difficoltà.
Ecco la differenza tra tragedia e dramma.
Anni fa, in un incontro di scuola di Comunità mi ha colpito il passaggio di Don Giussani che spiegava la differenza tra “dramma e tragedia” che ci può aiutare a capire il perché, di fronte al male che sia anche la morte di un familiare a noi caro, rispondo sempre che non è una tragedia ma un dramma:” La nostra vita appartiene a un Altro. In questo senso si capisce perché la vita dell’uomo è drammatica: se non appartenesse a un Altro sarebbe tragica.
La tragedia è quando una costruzione frana e tutti i sassi e i pezzi di marmo e i pezzi di muro, crollano.
E tutto nella vita diventa niente….E questo è tragico. La tragedia è il nulla come traguardo, il niente, il niente di ciò che c’è.
Mentre se tutto appartiene a un Altro, la vita dell’uomo è drammatica, non tragica.”

Questa appartenenza a Cristo ci salva.
Pensate agli apostoli che stanno lì con Lui, quando gli altri invece lo rifiutano.Il vangelo riporta:” E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità”
Questa incredulità ci prende per la gola ogni volta che ci troviamo di fronte ad un male.Ci sentiamo smarriti e cerchiamo in Lui la risposta al nostro bisogno.
Non vediamo invece il momento del confronto, il momento in cui avvertire quella sua compagnia che fa la differenza in tutto ciò.
Spesso mi capita di sentire questa espressione:”Voi non potete capire ecc…”.E’ come se ognuno di noi avesse un dolore immenso e il suo dramma è unico.Allora cerchiamo un confronto con gli altri, come per voler alleggerire questo peso, perchè altri sono peggio.
Invece in tutto questo noi siamo Comunità che vive con te il cammino della fede.
L’Eucarestia è preghiera di un popolo e non come dite tutti voi:”A missa è a mia”.
Superiamo questo egoismo e diventiamo invece Comunità guidata da Colui che è la nostra roccia su cui costruire la casa della fede.
Come conclude san Paolo:”Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte”.