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omelia domenica 6 settembre 2020

XXIII^ DOMENICA DEL Tempo Ordinario ANNO A
Il vangelo di questa domenica ci invita a riflettere sul senso di comunità.
Come fare comunità?
Il vangelo ci dà un’indicazione molto chiara:” In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
L’uomo ha bisogno di essere in comunità.
Lo stesso uomo o la stessa donna che vive in clausura, vive in comunità.
Perché questo bisogno?
Relazionarsi fa parte della nostra umanità e Gesù ci offre una relazione che ha un senso se questa comunione è rivolta a Lui.
”Pregare” significa rivolgersi verso un Altro.
Ecco perché la fede è un avvenimento, cioè, un dono che viene fuori da noi.
Dio non è stato creato da noi.
Nell’omelia di un funerale del mese scorso riportavo:”Credo nel Dio che ha creato l’uomo e non nel Dio creato dall’uomo”.
Colgo l’occasione per riproporre anche il significato del pastore che guida una comunità.
Un passo dell’A.T. ascoltato nella prima lettura e che spesso ci ripeteva il nostro superiore al liceo riportava:” Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai” e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te”.
Il pastore, proprio perché ama il suo popolo, desidera il suo bene più profondo, indica e si sforza a testimoniare con la propria vita quale strada conduce a Dio.
Finché avremo la sensazione che colui che ci guida, sia solo un’autorità che vive con superbia il suo compito, non comprenderemo mai quale via è il cammino verso Gesù.
“Non ho mai parlato a Dio, né visitato il cielo, eppure so dov’è, come se avessi consegnato il biglietto”.(Emily Dickinson)
Questa comunione vissuta insieme ci porterà alla liberazione, a vivere con libertà il dono di appartenere a Dio.
Impariamo dalla festa celebrata da poco!
Una comunità si è radunata per vivere e per continuare a vivere la festa di essere comunità.
L’appartenenza non nasce con noi. Questo desiderio che è in noi dobbiamo costruirlo, limando i nostri difetti e amando l’altro.
Il vescovo Helder Camara diceva: ”Quando una persona sogna, è soltanto un sogno. Ma quando mille persone fanno lo stesso sogno, allora è l’inizio della realtà”.
Viviamo questo inizio di realtà!
Tra poco riprenderà l’inizio dell’anno pastorale.
Ci rimettiamo in gioco in questa esperienza nuova, in questo tuffarsi nel rischio educativo nella speranza che il dono dello Spirito santo converta i cuori.