sabato, 27 Luglio 2024
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OMELIA FESTA SAN GIUSEPPE 2020



La presenza del papà, spesso, non è considerata per quello che dovrebbe essere.
Dobbiamo uscire dallo stereotipo “papà=lavoro”.
E’ il genitore che, insieme alla moglie, costruisce con tutto se stesso il dono della famiglia.
Egli, innanzitutto, è educatore, cioè, comunica con la propria esperienza un vissuto che diremmo fa “da collante” con la propria sposa perché di fronte a lui possa godere la gioia di dire “famiglia”.
Spesso intendiamo l’educazione come un qualcosa da offrire o, peggio, da imporre, ma che, invece, è presenza anche nel silenzio.
L’allora Card. Ratzinger, di San Giuseppe diceva:” Lasciamoci “contagiare” dal silenzio di san Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio”.
Nella famiglia, spesso, ci si lamenta perchè non c’è dialogo.
La domanda, però, nasce spontanea:”C’è l’ascolto?”
In occasione della catechesi biblica, a proposito delle tentazioni di Gesù nel deserto, abbiamo ribadito che siamo presi tanto dal fare e che ciò che fa la differenza è “ascoltare”.
Non si tratta solo di un porsi in silenzio di fronte all’altro, ma di un confrontarsi sul bisogno dell’altro. E’ un voler crescere per non ritrovarsi poi soli, come spesso ci si lamenta quando si diventa adulti.
La solitudine non è legata solo e sempre alla mancanza di una presenza diremmo materiale, ma è un’affettività che desideriamo perché ci riscopriamo sempre vuoti. “Ignorare la sofferenza dell’uomo significa ignorare Dio”. (San Giuseppe Cottolengo)
C’è in noi il desiderio di lasciarci amare da un Altro e, nella fede, riscopriamo questo amore in Dio.
Ecco perché il Cristianesimo è un avvenimento.
San Giuseppe riscopre la sua vocazione non come un qualcosa di suo, ma come un’offerta da parte di Dio che gli propone di mettersi in ascolto di Lui.
Affidarsi al Padre celeste, affidarsi e vivere con Dio la nostra vocazione di essere padri!
Non dipende da noi il nostro operato.
Chi confida in se stesso , sarà sempre deluso perché penserà che la realizzazione della vocazione sia quella che un figlio faccia o diventi quello che egli desidera.
Lo meditavamo nell’incontro di Scuola di Comunità sul tema “Paternità e appartenenza” e don Giussani diceva:” Il condurre per mano, cioè, l’introduzione in una realtà concreta che il figlio possa assimilare. Questo punto è il più delicato”.
Condurre. Non sostituirsi o pensare che i figli siano la nostra fotocopia.
Affidarsi a Dio. Ce lo spiega il passo del vangelo quando Gesù incontra Pietro stanco, arrabbiato e deluso di non aver preso pesci.
Gesù invita a riprovare, a seguire e ad affidarsi alla Sua parola quando siamo delusi dalla vita, dai nostri progetti non realizzati ecc..
E’ come se Gesù ci dicesse:”Disobbedisci a quelle reti vuote e ascolta me”.