venerdì, 19 Aprile 2024
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omelia XIII DOMENICA DEL Tempo Ordinario ANNO c (festa del sacro Cuore di Gesù domenica 26 giugno 2022)


Riprendiamo le meditazioni della liturgia della parola con il tempo ordinario che concluderemo a fine novembre.
Queste domeniche ci invitano a riflettere sul dono della chiamata:
La nostra vocazione di appartenere a Lui.
Oggi, come Comunità, celebriamo anche la festa del Cuore di Gesù. E’ un invito a rivolgere il nostro sguardo a Colui che ci ama.
Lo seguiamo e viviamo il dono della povertà, perché in Lui abbiamo visto e conosciuto la vera ricchezza.
Il vangelo ci riporta questo passaggio importante per il cammino vocazionale:
” Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
In parole semplici, significa:
”In chi noi basiamo la nostra garanzia”? Su noi stessi, sul nostro operato,sui nostri affetti terreni o legami materiali oppure su Colui che è la vita?
La vocazione è mettere in gioco tutto noi stessi.
La difficoltà di seguire Cristo, questo cammino che abbiamo da poco celebrato, non è solo un passo dopo l’altro. Come più volte ho ripreso,”La fede è un pellegrinaggio”, cioè, un camminare verso la meta e non un girovagare.
Noi, quando viviamo il nostro destino, il nostro appartenere a Lui?
Quando lo riconosciamo.
“Tutta la terra è stata disegnata da Dio in modo che il viso dell’uomo si sollevi e lo sguardo e la mente e il cuore dell’uomo domandino”.
(Albert Camus)
Finché faremo questa domanda, la fede sarà viva.
Alcuni possono pensare che la preghiera sia una parola vuota.
Sarebbe meglio pensare che la carità è il tutto.
Quando, invece, la preghiera è vera carità?
A noi è chiesto di accogliere la grazia di Dio, di riconoscere e accettare il suo movimento verso di noi. Ci è chiesto di aprire il nostro cuore all’iniziativa di un Altro, di appoggiarci a un Altro, di «rimanere» in un Altro. Per questo è necessaria la preghiera, perché senza reale apertura al Signore, non c’è possibilità di energia vera nella vita.”(Massimo Camisaca)
La preghiera che noi devoti al sacro Cuore di Gesù eleviamo a Dio, affinché questo suo amore eterno, ci trasformi e faccia si’ che riconosciamo la Sua Presenza nel nostro pellegrinaggio.
Riconoscere il suo amore rende la nostra vita un’obbedienza alla Sua parola.
In tutto questo l’uomo rivive ogni giorno la sua vocazione, questa unione con Dio a far sì che il giorno abbia un senso.
“E non importa se Dio ci chiama a partire missionari verso una terra lontana oppure a restare a casa per accudire un genitore malato, perché qualunque azione è il luogo del nostro rapporto con Lui, e perciò ha un valore infinito, che sfonda le pareti della nostra casa, del nostro ufficio o del nostro convento, e si allarga secondo una misura che non possiamo neppure immaginare”.(Massimo Camisaca)
Ecco il senso alla nostra storia: Che ogni istante è un dono che condividiamo con Lui e l’altro.
Come ci insegna san Paolo nella seconda lettura:” Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri
Mettersi in gioco con tutto se stessi, perché protagonisti di un mondo più bello.
Il segno dell’infiorata è la bellezza di una Comunità “costruttrice di pace”. Tutto parte da questa condivisione.
Come diceva Dostoiesky:”La bellezza salverà il mondo”. Non la bellezza materiale. Riprendendo sant’Agostino “la bellezza, cioè, la Grazia di Dio” questa armonia, quest’equilibrio e Grazia salverà e darà un senso al nostro destino.