mercoledì, 24 Aprile 2024
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EDITORIALE “Fontana del villaggio”DICEMBRE 2020


La festa del Natale ha portato, porta e porterà sempre con sé quel fascino che coinvolge tutti.
Lo vediamo nella semplicità del presepe.
Quel momento unico da cui nasce la nostra fede, l’avvenimento che è Cristo, non è un qualcosa di nostro, come lo si vuol far passare, proponendo sempre più una religione del fai da te o traducendo il Cristianesimo in una pura filosofia di vita, come se fosse un discorso tra i tanti.
E’ un avvenimento: Dio si è fatto carne. Dio è presenza oggi più che mai.
È qualcosa che è già accaduto, quello che avviene con noi! E qui si vede come non possiamo vivere i rapporti fra noi, se non come desiderio di ricevere l’input di nuovo, nuovo come resoconto più acuto del nostro vivere”.(Don Giussani)
Questo vivere ci coinvolge nella nostra quotidianità perché questo nuovo e costante inizio ci aiuta a riscoprire il desiderio più intimo che è in noi:
Il desiderio di essere Comunità.
Questa proposta diventa sempre più radicale nel nostro vivere la vita pastorale.
La Chiesa non deve fermarsi alla sola tradizione.
Un mio amico ripeteva spesso : ”Con la scusa della tradizione, succede di affermare che le stesse persone facciano sempre le stesse cose”.
Esiste, invece, una traduzione più vera: Vivere in avanti ciò che abbiamo incontrato oggi.
Cosa desidera veramente il nostro cuore?
In un incontro di Scuola di Comunità, mi è piaciuto soffermarmi su una frase di Cechov: ”Dimmi cosa desideri e ti dirò chi sei”.
Quale desiderio viviamo nel nostro cuore, perché possa così divenire l’ideale da perseguire?
La Comunità parrocchiale esprime il desiderio di essere tale, cioè, Comunità che, coma argilla, si lascia coinvolgere in una Comunione.
Riprendendo il passo di Geremia 18,6 dice il SIGNORE: «Ecco, quel che l’argilla è in mano al vasaio, voi lo siete in mano mia, casa d’Israele!”
Porsi con umiltà di fronte a Dio, come i pastori del presepe,
immaginandoli nella loro semplicità come figurano nei nostri presepi
familiari.
Li vediamo lì, posti con stupore di fronte all’avvenimento.
E’ posto lì nella culla della stalla di Betlemme.
Noi desideriamo che il nostro cuore diventi tale, una culla.
Origene ribadiva sempre:” A me, cosa serve la nascita di Cristo nella greppia, se non nasce in me, nella greppia del mio cuore?”
Questo avvenimento nasce in me perché desidero che sia tale questa bellezza che si rinnova nel fascino del Natale.
Mi voglio fermare lì, di fonte alla dolcezza degli sposi Maria e Giuseppe che vivono nella più dolce tenerezza di essere Famiglia.
Affido a loro le nostre preoccupazioni, chi ci ha lasciato, chi vive senza speranza, chi ha timore del domani o chi è preoccupato della paura dei ricordi.
Tutto è lì, affidato all’umiltà di una culla che accoglie ciò che io desiderio, amati per amare.
Guardo oltre a tutto il fascino che offre questo mondo che spesso offusca questo avvenimento vero, guardo in alto e vedo la stella della nostra vita e ripeto con San Padre Pio:” Gesù Bambino sia la stella che ti guida lungo il deserto della vita presente”.

Celia Roberto