mercoledì, 15 Maggio 2024
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LA CARITA’ AI TEMPI DEL CORONAVIRUS (Don Roberto Celia)


Di fronte al dramma e non alla tragedia del coronavirus, ci ritroviamo a riflettere sul senso della caritativa, su quel senso che ha uno sguardo riflessivo su ciò che viviamo e, soprattutto, per chi lo viviamo.
In questo tempo quaresimale e di quarantena, in questo silenzio e diremmo anche in questa solitudine, una domanda ci percuote dentro e ci pone a ricercare ciò che dà valore al fare. Questa solitudine che scopri di aver sempre avuto, ma hai lasciato nascosta, sepolta da mille altri rumori.
«Se non blocchiamo l’esigenza di significato che rimane pur sempre nel cuore dell’uomo, essa, guardata fino in fondo, ci conduce a scoprire nella profondità di noi stessi una “compagnia più originale della solitudine” . (Carron)
Cos’è questo valore unico, questo significato, che offre la carità?
L’incontro con Cristo. La compagnia originale.
La Caritas, come ufficio pastorale, ha il dono-compito di porsi sempre con uno sguardo nuovo alla realtà che avviene.
Frederich Ozanam così spiega questo passaggio:”La caratteristica della carità è di guardare sempre avanti, poiché, malgrado tutto, il numero dei benefici passati resta sempre piccolo rispetto alle miserie presenti e future che essa deve alleviare ed amare.”
Questo nuovo spinge il nostro cuore a ri-guardare, rimettersi sempre in gioco, come lo è del resto l’educazione, una continua sfida-confronto con la vita. Farlo seriamente e con realismo sano e provocatorio tutto ciò che si pone di fronte a noi.
Le nuove povertà saranno i proprietari dei negozi, gli artigiani e coloro che lavorano nel campo della ristorazione e del turismo i quali, costretti a chiudere, probabilmente avranno sì, qualche agevolazione sulle tasse ma nessuna entrata in questo periodo. Non stiamo parlando di qualche prima comunione o matrimonio, che è stato solo rimandato a più in là.
Non cadiamo nell’errore di pensare che per il fatto che tanti fanno code ai supermercati, tutti fanno la spesa.
I “tanti” non sostituiscono i “tutti”. Ecco lo sguardo dell’insieme che bisogna avere.
Chi non lavorava, ha avuto sempre un certo sostegno, sia esso il reddito di cittadinanza, gli aiuti della Caritas o di altre associazioni di volontariato. Ma chi ha sempre lavorato, ha quella dignità di non chiedere aiuto.
La carità ci spinge a riconoscere questo.
Offrirsi come presenza in questo cammino nuovo!
Ecco il dramma e non la tragedia. Quest’ultima dà un senso limitato al tempo. Il dramma invece ci pone la provocazione a non disperare ma a porre in Colui che ci dà forza.
La croce di Cristo è la salvezza e non la conclusione.
Cos’è questa novità? E’ sempre stata lì, proposta in ogni occasione del vivere il senso della caritativa.
“L’amore non è accondiscendente e la carità non ha nulla a che vedere con la pietà: E’ amore. Carità e amore sono la stessa cosa. Con la carità dai amore: perciò non limitarti a dare denaro, ma invece tendi la mano”. (Madre Teresa di Calcutta)
Porsi come presenza. Porsi con quella mano tesa, perché Dio ama l’uomo e nel cammino della vita non si sostituisce ai nostri passi ma si offre come vera compagnia.