mercoledì, 1 Maggio 2024
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Omelia domenica 7 novembre 2021 – XXXII domenica del tempo ordinario anno b


Il vangelo che abbiamo ascoltato oggi ci prepara alla domenica successiva in cui celebreremo la V giornata mondiale dei poveri.
Gesù ci provoca con la testimonianza della vedova che da’ l’offerta per il tempio. Poiché spesso si tagliano le frase del Vangelo o di altri autori, è bene leggere l’intero passaggio: ” Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Alcuni, nelle offerte domenicali e peggio nelle raccolte per i poveri, mettono centesimi e dicono: ”Abbiamo messo qualcosa e deve bastare, perché così ha fatto anche la vedova del vangelo”.
Io aggiungo:”Lei ha messo tutto quello che aveva. Se tu avevi tutto, se cioè, quei tuoi centesimi erano tutto, allora ha un senso, altrimenti è solo la metà del superfluo, o il niente”.
Molte volte noi pensiamo che il poco basti e diciamo:”Basta il pensiero”.
Gesù ci sprona a capire che non basta il pensiero, ma che ci vogliono fatti concreti.
Pensiamo ai vangeli delle domeniche del mese di ottobre, sia a quello del giovane ricco e dello scriba che chiede qual è il comandamento più grande.
Gesù fa una proposta più concreta. Bisogna andare oltre. Al giovane ricco dice che bisogna dare ai poveri, allo scriba insegna che bisogna farsi prossimo, cioè, amare chi si ha di fronte e non solo chi ci è più simpatico.
«In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo”.
Gesù conosce i nostri cuori. Sa cosa pensiamo e chi amiamo veramente.
Non si lascia ingannare dall’apparenza delle cose.
All’inizio del vangelo abbiamo ascoltato:” Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
L’apparenza può ingannare l’uomo, ma non Dio.
Ecco perché il santo si pone sempre la domanda. La sua inquietudine è più vera rispetto a quella degli altri, perché si pone in riflessione con se stesso nel chiedersi se veramente vive un cammino vocazionale e non la ricerca della soddisfazione di se stesso, perché una volta che togli Dio o dai per scontato la Sua presenza nella tua vita, vivi un cammino di fede che è più un autoaffermazione di te stesso.
Impariamo ogni giorno a cercare di vivere quel senso di carità che cambia le cose!
Lo dico a me stesso e lo ripeto anche a voi: “Ciò che mi provoca la parola di Dio non è la consolazione, ma la spinta all’azione, cioè, a non aspettare l’occasione ma a farsi occasione.”
Saper leggere nella storia le nuove povertà ed essere risposta.
Tra i più grandi santi della carità, mi piace ricordare san Vincenzo de Paoli, quando durante la sua vita, si occupava dei bambini abbandonati perché figli di uno stupro perpetuato dai soldati e nessuno li accoglieva, neanche le persone cristiane, perché considerati figli del peccato.
Egli, invece, educava il suo popolo all’accoglienza della povertà per quella che veramente è, soprattutto dei poveri esistenziali e non solo di quelli materiali.
La Chiesa ci offre la testimonianza vera della carità: Quella spendersi per gli altri.
La santità non consiste nel fatto che l’uomo da’ tutto, nel fatto che il Signore prende tutto”. (Adrienne Von Speyr)