sabato, 27 Luglio 2024
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OMELIA GIOVEDI’ SANTO – ANNO A 2020


Fin da piccolo, da quando frequentavo la parrocchia, ho sempre considerato la festa dell’ultima cena, come l’occasione in cui tutta la comunità si riunisce per far memoria del dono di essere comunità nella comunione divina che Gesù ci offre nell’eucarestia.
Questa comunità ogni giorno si confronta con il reale. Ci mettiamo sempre in confronto per conoscerci.
Nell’Eucarestia offriamo ciò che siamo, cerchiamo una risposta al bisogno di essere in comunione con Colui che si offre per noi, una comunione che ha la base nel servizio, cioè, nella carità. Mi colpiva una scena che ho visto in Tv venerdi scorso, in un paese del nord, si stava svolgendo la Via Crucis con i soli sacerdoti, e tutti erano alle finestre, uno di loro disse:”Per noi (riferendosi a Gesù in Croce) è come il pane”. Riprendo sempre un pensiero di Papa Francesco così diceva Papa:”Penso che il “volto” più bello di un Paese e di una città è quello dei discepoli del Signore – vescovi, sacerdoti, religiosi, fedeli laici – che vivono con semplicità, nel quotidiano, lo stile del Buon Samaritano e si fanno prossimi alla carne e alle piaghe dei fratelli, in cui riconoscono la carne e le piaghe di Gesù”.
Queste piaghe sono le domande con cui ci poniamo in confronto per essere risposta. La Comunità è la vera ed unica risposta all’uomo, un’amicizia che si distingue dallo stare solo insieme. C’è bisogno di una compagnia:” Senza l’aiuto di una compagnia non c’è avanzamento nella vita di fede”.(don Giussani)
Imitiamo l’amicizia di Gesù che ha vissuto con Marta, Maria e Lazzaro e tanti altri! Viviamo un’amicizia vera, sostenuta dall’ideale comune che è amarsi per ciò che siamo!
Il servizio della lavanda dei piedi, anche se oggi non lo faremo, rimane sempre quel gesto che si offre a noi, perché possiamo riconoscere in Gesù questo amore che viene incontro a noi.
“Bisogna cominciare dai piccoli gesti per smuovere dei grandi valori”. (M.Tammaro)
Fin da quando ero piccolo, mi chiedevo il perché il gesto del dono del pane alla fine della Messa e il perché, dopo la S. Messa, dividerlo poi con chi incontravi lungo la strada mentre ritornavi a casa.
Era un gesto di comunione con il prossimo, con colui che incontri per strada, perché la strada è la vita con cui ti confronti.
“La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi”. (Bruce Chatwin) Il Signore ha voluto purificare questi”piedi” perché potessimo ricominciare un cammino nuovo. In questo legame di affettività con Cristo l’umanità rinasce.
Questa affettività non è un’emozione, cioè, un’occasione di riflessione che finisce lì, ma è l’eccezionalità da cui nasce l’evento della tua storia.
Quello che noi facciamo oggi, può diventare un’opera per il domani se alla base di tutto, c’è quella consapevolezza che è in Dio in cui poniamo le fondamenta. Pensate a tutte le grandi opere di carità, sono state fatte in un periodo storico particolare, quelle durante e dopo la guerra, la casa Sollievo della Sofferenza di San Padre Pio. Il Sacro Cuore-Gemelli di Roma, il Cottolengo o le grandi opere di San Vincenzo de Paoli. Il cristiano, proprio in questo momento di difficoltà ha vissuto, ha condiviso la sua vita nella carità, e se è caritativa ha un seguito nel domani, ecco la differenza tra emozione (l’essere solidali sul momento) e l’eccezionalità, l’inizio che guarda alla persona innanzitutto. Fai della tua storia, un evento! Biagio Antonacci cantava “Immagina il per sempre, immaginalo qui, col bello e col tormento, immagina con me….l’evento è stare solo con te”. La vanità) Cerchiamo sempre l’immagine di ciò che sarà. La fede ci spinge ad offrire la nostra vita in avanti, cioè, a guardare Lui che ci ama e a sapere che il mondo non sarà vanità. Tutto è occasione di incontro. “Non una formula ci salverà, ma una Persona e la certezza che essa ci infonde». (Giovanni Paolo II)
Da un incontro unico nasce un cammino.
È nell’esperienza sacramentale che viviamo questa Grazia.
“Gesù accoglie la nostra risposta, il nostro desiderio di restare con Lui e lo prende ancora più seriamente, attraendoci nella sua vita perché restiamo in Lui, generando in noi una vita nuova. È grazie a questo processo che implica tempo e libertà, che gli eventi imprevisti che irrompono nella nostra divengono incontri che ci trasformano”. Cosa cerchiamo veramente e perché cerchiamo? Come già vi accennavo all’inizio dell’anno, un uomo che si ferma a stare in attesa, è un uomo vecchio perché vede il reale come una strada che è un vicolo chiuso. Bisogna sempre cercare! “Quarere Deum” diceva Benedetto XVI ad un gruppo di benedettini in Francia. Bisogna sempre porsi la domanda! Questo il tutto che smuove la nostra anima! Se devo riassumere tutto il mio Cristianesimo dico: “Finchè si è inquieti si può stare tranquilli”. (Julien Green )