sabato, 27 Aprile 2024
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Omelia GIOVEDI’ SANTO – ANNO B 2024


Nella festa di oggi, la liturgia ci invita a riflettere sul sacramento dell’ordine sacerdotale.
Ieri col nostro Vescovo, tutti noi sacerdoti abbiamo rinnovato il nostro SI’ totale a Dio e alla Chiesa, questo “SI” che ci sforziamo a vivere sostenuti dalla pienezza della Grazia che il sacramento dell’Ordine ci ha conferito.
Chi è il sacerdote? Riflettiamo anche su uno dei tanti servizi che è l’essere parroco.
Il sacerdote-parroco è nella Comunità il segno, direi il testimone delle tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità.
FEDE: in più occasioni (in Avvento e Natale) vi riportavo questa provocazione: ”La fede nasce dal sacramento e non dal sentimento”.
La fede è l’incontro con Cristo.
L’incontro non ha un data specifica. E’ un riconoscimento continuo dell’incontro con Lui. È un’ educazione.
A volte penso al mio primo parroco. Quel giorno a scuola, frequentavo la 4^ elementare e feci la domanda: ”Perché Giuda pianse dopo aver tradito Gesù?” Egli mi disse :”Hai fatto una bella domanda”.
Non lo so cosa avvenne, ma quel giorno dissi a me stesso: ”Voglio diventare prete”.
Non mi metto ad analizzare il tutto. Tante cose avvengono e basta. Come diceva un attore in un film: “I figli si fanno con la pancia e non con la testa”.

Dio è un incontro in cui la fede in un essere superiore, che è l’esperienza elementare, il senso religioso di ognuno di noi, ma poi avviene che è un riconoscimento, non più un ente astratto ma una persona, Cristo.
Cosa chiede il sacerdote a Dio?
La risposta la troviamo nel 2° libro delle Cronache, l’inizio del cammino di Salomone: ”Ora concedimi saggezza e scienza e che io possa guidare questo popolo; perché chi potrebbe mai governare questo tuo grande popolo?». Dio disse a Salomone: «Poiché ti sta a cuore una cosa simile e poiché non hai domandato né ricchezze, né beni, né gloria, né la vita dei tuoi nemici e neppure una lunga vita, ma hai domandato piuttosto saggezza e scienza per governare il mio popolo, su cui ti ho costituito re, saggezza e scienza ti saranno concesse”.
SPERANZA: Il sacerdote è l’uomo della speranza, non si limita alla sola visione del reale, non è un giornalista che scrive o comunica la pagina della storia della parrocchia. Indica quella porta che va oltre a ciò che si vede. Tra i passaggi più importanti della vita del santo curato D’Ars, patrono dei parroci, si racconta che appena arrivato nelle vicinanze del villaggio incontra un ragazzino che gli indicala parrocchia e lui poi concluse: ” Tu mi hai indicato la strada per Ars io ti insegnerò la strada per il Paradiso”. È necessaria la speranza nel cammino della fede.
“Non dobbiamo addolorarci delle situazioni presenti, ma rallegrarci della speranza di quanto ci è riserbato in futuro”. Quale futuro?
Finché vivremo la parrocchia come una ricerca di numeri, per riempire i social di foto, come a dimostrare che si fa qualcosa, vivremo male. Saremo come la massa che è presente solo in alcune celebrazioni (esterne), quando invece la speranza è la linfa della fede.
La speranza è effettivamente il sangue della fede; da essa la fede trae la sua compattezza, come da un’anima. Se la speranza evapora guisa di sangue fuoriuscito, la forza vitale della fede a poco a poco si dissolve”. (San Clemente Alessandrino)
CARITA’: Infine, il sacerdote è il testimone della carità. Il gesto della lavanda dei piedi che fa proprio il parroco, testimonia quello che abbiamo ascoltato dal Vangelo: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
Non c’è solo la carità del “fare”. C’è un altro aspetto della carità ed è il sacramento della riconciliazione. Il sacerdote è il ministro del perdono.
Salomone scriveva:” Quando peccheranno contro di te – non c’è, infatti, nessuno senza peccato – e tu, adirato contro di loro, li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in un paese lontano o vicino, se, nel paese in cui saranno stati deportati, rientrando in se stessi, si convertiranno a te”.
Il sacerdote come Mosè, invoca da Dio la misericordia per il suo popolo ogni volta che si allontana da Lui. Il sacerdote ricorda al popolo l’ideale della fede. La carità del sacramento della Confessione, è per la comunità, la grazia per vivere la comunione. Come diceva il protagonista del film, preferisco il paradiso:”Per essere obbediti bisogna dare poche regole, io ne ho scelta una sola, la carità”. Perché una comunità viva e costruisca, sia protagonista, deve fondare la sua fede nella roccia che è Cristo.
“Sovente il perdono esercita una grande spinta verso la salvezza, in quanto raffrena, con un senso di vergogna, colui che ha mancato, trasportandolo dal timore all’amore, che è una più salda disposizione al bene”.(san Gregorio di Nazianzo)