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omelia domenica 12 luglio 2020

XV^ DOMENICA DEL Tempo Ordinario ANNO A
La parabola del seminatore l’abbiamo meditata quest’ inverno nella catechesi biblica. In quell’occasione abbiamo riflettuto, passo dopo passo, sull’importanza di questo testo e su come confrontarsi con la nostra vita, durante il nostro cammino di fede. Ognuno di noi, si può paragonare al “terreno” di cui accenna il vangelo.
Facendo una sintesi veloce, analizziamo la parabola.
Innanzitutto, ci soffermiamo per un momento sul protagonista della parabola, sul seminatore Gesù che esce, quindi, sulla rivelazione nel mondo ed offre il seme, la sua parola, anzi la PAROLA, cioè, se stesso.
La Verità viene offerta a tutti: Il terreno non viene scelto, la Parola viene offerta a tutti.
Il terreno è l’Umanità, con tutta la sua diversità nell’accostarci alla chiamata e alla vocazione che Gesù offre .
Il terreno della strada sono gli uomini insensibili.
Mi viene in mente Papa Francesco che rimprovera spesso gli uomini i quali, anche di fronte alla povertà, si girano dall’altra parte. Ricordo una sua espressione riportata in occasione del messaggio della giornata del povero : ” Tendi la mano al povero” fa risaltare, per contrasto, l’atteggiamento di quanti tengono le mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano”..
Il terreno sassoso: Una fede senza radici che secca subito. Basta pensare a quello che si sta verificando nella nostra realtà parrocchiale: In tempo di Covid, solo per portare un paragone, non si partecipa più ai funerali o ai trigesimi perché non ci sono le condoglianze.
Il terreno spinoso è quando il male attecchisce il bene e lo lasciamo sopraffare. Ricordiamoci che il diavolo può solo tentare. Spetta a noi la scelta di fare il bene.
Il terreno buono: L’esperienza ci insegna che un seme, anche dopo migliaia di anni, ha sempre la forza di crescere e di dare frutto. Il terreno buono è quel cuore che conserva, come la Madonna che di fronte, la crescita di Gesù.
Così riporta il Vangelo dell’infanzia:” Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.”
Custodire non significa affidare la scelta all’altro, ma lasciare che Gesù nel dono del suo Spirito, faccia crescere il seme e porti frutto.
La missione non è tanto il fare, ma il lasciare fare a Dio.
L’ubbidienza è affidarsi a Dio.
Leggendo una delle tante meditazioni di Don Giussani sull’Angelus, mi colpiva questa in particolare:
”CAMBIARE: Siamo tutti «buona gente», ma c’è qualcosa che deve
cambiare! La stessa Madonna, dopo l’annuncio, è stata una
persona diversa. Così la vocazione cristiana in noi deve
portar qualcosa di radicalmente, di profondamente diverso
dagli altri. Siamo troppo come gli altri, ci giudichiamo come
si giudicano gli altri, cioè abbiamo un criterio come quello
degli altri! Occorre veramente che accada qualcosa, come è
accaduto alla Madonna nell’Annunciazione: non è più stata
quella. Almeno chiediamo di cambiare! (Don Giussani)
Nella Madonna noi viviamo il modello del terreno fertile, in cui la Parola diventa carne, e Lei vive e comprendere, cioè fa sua questa Parola e la dona a noi.